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giovedì 13 settembre 2018

Il compromesso

Avevo 19 anni e mi ero appena diplomata in ragioneria, con punteggio di 100 centesimi. 
Purtroppo, la mia famiglia non se la passava benissimo in termini economici, quindi non potevo iscrivermi all’università, sebbene lo desiderassi molto. 
Mio padre, però, si fece in quattro per trovarmi un lavoro.
Dopo un paio di mesi, infatti, mi procurò uno stage nell’azienda del suo amico Davide. Si trattava di un’importante impresa di commercio all’ingrosso di piatti e stoviglie in plastica. Mi sarei occupata, della parte relativa alla fatturazione, entrando in un’equipe composta da altre sei persone. 
Davide lo conoscevo sin da bambina
I suoi genitori erano amici d’infanzia dei miei nonni, e da allora le famiglie non avevano mai smesso di frequentarsi, instaurando un legame di affetto e di fiducia. 
Lui e papà, inoltre, avevano frequentato insieme le scuole medie, e proprio lì avevano conosciuto le loro future mogli. 
Insomma, la possibilità di entrare nella sua azienda era per me una grande opportunità, sia professionale che umana, poiché mi avrebbe permesso di dare tutta me stessa per aiutare una persona a cui volevo molto bene a fare ancora meglio. 
Lo stage sarebbe durato sei mesi e, a fine contratto, mi avrebbero assunta a tempo indeterminato, qualora l’impiego fosse risultato nelle mie corde. 
Per i primi tempi affiancai la dolcissima Marta, in modo che potessi ben capire le dinamiche del mio ruolo, ed imparare a muovermi in autonomia. 
Quando, secondo lei, fui pronta per lavorare da sola, mi trasferirono nell’ufficio al secondo piano, rimasto vuoto da quando Diletta si era dimessa per motivi personali. 
Si trattava del reparto dedicato ai mercati esteri, dato che da sempre parlavo fluentemente l’inglese e il tedesco. 
Accanto alla mia stanza, poi, vi era l’ufficio di Davide, quindi mi fu chiesto di portargli il caffè ogni volta che ravvisassi il bisogno di una pausa. 
Devo dire che accolsi la proposta con molta gioia, poiché mi avrebbe permesso di scambiare qualche chiacchiera con lui, senza il rischio di passare, agli occhi dei miei colleghi, per la raccomandata di turno che stava solo cercando di arruffianarsi il titolare. 
In realtà, però, le cose andarono diversamente. 
Durante la mattinata, infatti, era proprio Davide ad affacciarsi nel mio studio, per chiedermi pareri sui bilanci aziendali o, semplicemente, per staccare un po’ la spina. 
Prese anche a farmi diversi complimenti, non prettamente legati alla sfera professionale. 
Secondo lui, infatti, i capelli alzati mi stavano benissimo e miglioravano la mia immagine, mettendo in risalto gli occhi verdi ed il sorriso radioso. 
Mi sentivo molto lusingata dai suoi apprezzamenti, ma non ne facevo parola con nessuno, sempre per la paura di alimentare inutili gelosie. 
Un giorno, a cinque mesi dall’inizio dello stage, fui convocata nel suo ufficio con urgenza, per discutere del mio futuro. 
Il caffè, stavolta, era già pronto, e Davide era seduto dal mio lato della scrivania. 
Ormai manca solo un mese alla fine del tuo contratto – mi disse –. Non trovi che dovremmo discutere di quel che sarà?”. 
In realtà credevo ci fosse ben poco da dire, considerato che mi ero impegnata molto, ricevendo anche numerosi encomi, e che davo per scontato che di lì a poco avrei firmato il mio primo vero accordo di lavoro. 
Ma, con mio enorme stupore, Davide mi spiegò che l’azienda stava attraversando un momento di turbolenza, e che lui sarebbe stato costretto ad apportare dei tagli sul personale e sugli stipendi. 
Aggiunse che, nei restanti trenta giorni, avrebbe valutato bene il da farsi, e che io avrei dovuto convincerlo dell’importanza del mio ruolo, altrimenti la nostra collaborazione si sarebbe, inevitabilmente, conclusa. 
Seguirono giorni densi d’angoscia, poiché non sapevo affatto cosa poter aggiungere al mio operato perché lui lo reputasse indispensabile. 

Fu proprio qui che iniziarono i guai. 
Con l’ingenuità di chi si era sempre concentrata solo sugli studi, senza approfondire la sfera privata, e non aveva mai neppure baciato un ragazzo, cominciai ad alzarmi i capelli sempre più spesso, ad indossare la longuette nera sui tacchi che conservavo nell’armadio dalla festa per i miei 18 anni, a sorridere a lui e a tutti. 
L’intenzione era di abbandonare l’etichetta della secchiona, diventando interessante agli occhi dei colleghi e anche del titolare. 
Probabilmente, però, Davide fraintese
In quella calda mattinata del 6 giugno, infatti, a dieci giorni esatti dalla fine del mio stage, mi portò il caffè ed io gli chiesi, ansiosa, ragguagli in merito alla sua decisione. 
Mi disse che aveva molto apprezzato i miei miglioramenti, nel lavoro e nel look. Poi, appoggiandomi la mano sulla coscia, aggiunse che le cose con sua moglie non andavano più bene da ormai molti anni, e che lui si sentiva molto solo. 
D’improvviso quella mano pesò quanto un macigno. Sulla gamba e sul cuore. 
Colui che, fuori dal lavoro, avevo sempre chiamato zio Davide, aveva forse delle intenzioni diverse dalle mie? Finsi di non capire, e sorrisi, spiegandogli che avrebbe potuto divorziare e cercare una nuova donna da amare, qualora la situazione con Silvana fosse ormai irrecuperabile, ma lui incalzò. 
E se invece tu mi facessi compagnia e restasse il nostro piccolo segreto? Sai, il tuo contratto verrebbe spontaneo. Tutti quanti, prima o poi, dobbiamo scendere a compromessi per fare carriera”. 
Non dissi una sola parola. Mi alzai, presi la mia borsa e andai via, fortemente imbarazzata. 
Non appena arrivata a casa, inscenai un forte mal di stomaco e mi chiusi nella mia camera. 
Poco dopo, arrivò mio padre, piangendo. 
Lo ascoltai confidarsi con mia madre. 
Il proprietario della nostra casa minacciò di sfrattarci, dato che da ben tre mesi non riuscivamo a pagargli l’affitto. 
Papà faceva il pescatore, ma il mare non sempre offriva risorse in grado di sostenere i costi di una famiglia. Mio fratello, poi, frequentava ancora le medie e, a causa di una grave malattia ai polmoni, necessitava di molte costose cure. Insomma, non so se a prevalere fu il mio senso di protezione verso Giuliano, la paura dello sfratto o di deludere papà, ma decisi di essere carina con Davide.
Dal giorno dopo, le nostre pause in ufficio si fecero sempre più lunghe, fino ad arrivare ad avere rapporti sessuali. Non sapeva che ero ancora vergine, quasi me ne vergognavo e avevo paura che rivelandoglielo si sarebbe tirato indietro.
Il mio contratto mi permetteva di portare a casa 1200 euro al mese, regalando un grosso sospiro di sollievo ai miei. Praticamente ero una escort, ma ormai non ne soffrivo più, poiché fare sesso col capo era diventata una routine, quasi come controllare la casella della posta elettronica.
Passarono tre anni prima che le cose cambiassero.
Ad una festa di paese conobbi Gianni e fu amore a prima vista. Da quel preciso istante i miei contatti fisici con Davide svanirono e, nell'arco di due mesi, rassegnai le dimissioni, non prima, però, che lui mi procurasse un'offerta più vantaggiosa da parte di un'altra azienda del territorio.
Non ho mai confessato a nessuno di aver ceduto al famigerato compromesso, perché me ne vergogno. Se magari non avessi messo la gonna, o se non mi fossi truccata, lui non avrebbe mai pensato a me in quei termini e le cose sarebbero andate diversamente.

Io e Gianni ci sposeremo l'anno prossimo. Davide sarà invitato, come da prassi, ma siamo d'accordo che inventerà un viaggio di lavoro all'estero per non partecipare. Non potrei farmi scortare all'altare da mio padre, per sposare il ragazzo dei miei sogni, mentre l'uomo che mi impedisce di guardarmi allo specchio senza provare un bruciore allo stomaco mi scruta dai banchi della chiesa. Forse, un giorno, perdonerò me stessa per aver scelto la strada facile, o forse no.
Intanto, mai più farò lo sbaglio di accettare scorciatoie, e questo segreto morirà con me. E con Davide.

Racconto pubblicato sulla rivista Confidenze,
num. 37 del 4 settembre 2018

42 commenti:

  1. E' una storia di debolezze, prepotenze nauseanti di piccoli uomini, l'amore salvifico che ci libera dalla schiavitù e illumina il nostro futuro. La grande ferita del passato guarisce un po' alla volta.

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    1. La protagonista si chiama Annalisa.
      Spero che, davvero, il tempo curi le sue ferite, e che lei abbia un matrimonio felice.

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  2. Da come sono state scritte le cose a lei non dispiaceva lo "zio" Davide. Ma da questo ad andarci a letto c'era di mezzo il matrimonio di lui e la famiglia di lei.
    Però quando lui si è proposto in quei termini ha smesso di essere quello che immaginava ed è diventato un viscido approfittatore.

    Penso che certe cose bisogna viverle per poter giudicare.

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    1. Infatti io mi sforzo di non giudicare mai quando mi raccontano delle vicende così personali e mi chiedono di pubblicarle, per evitare che altre fanciulle cadano in questa rete..

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  3. Questa storia è tanto triste...spero che Annalisa si lasci alle spalle tutto :-(

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    1. Spero anch'io che, presto, le appaia tutto come un brutto sogno.

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  4. Arrivato alla fine, mi ha lasciato l'amaro in bocca. E sono storie purtroppo molto diffuse...Anzi, spesso hanno un epilogo peggior.

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    1. Lo dici come se il resto della storia sia stata una passeggiata.
      Qui, bene o male, c'è il "lieto" fine. Diversamente, non so se avrei avuto il coraggio di scriverla..

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    2. No, non hai capito. Arrivato alla fine della lettura, intendevo.

      Non per il finale, che infatti è a "lieto" fine.

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  5. Amarissima questa storia. Ma, io credo, molto simile a molte altre che si tacciono per quieto vivere.

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    1. Infatti Annalisa mi ha chiesto di diffonderla proprio per dar coraggio a chi vive o ha vissuto la sua stessa situazione e non si è ancora ripreso.

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  6. Una storia molto brutta, non bisogna mai piegarsi ai vari tipi di violenza e denunciare subito.
    Sereno giorno.

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    1. Qui più che di violenza parlerei di incoscienza, dato che Annalisa era ben consenziente.

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  7. Cara Claudia, non so se sia una cosa inventata, un racconto interessante, se in vece è realtà, la cosa è molto seria, che uscire da un simile labirinto non è facile.
    Ciao e buon pomeriggio con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    1. Tutte le storie che pubblico su Confidenze sono vere.
      Purtroppo.
      Buona giornata a te. 😘

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  8. Ti dico la verità...mi sembra proprio un racconto, racconto.
    Come fai te a testare la buona fede di chi ti manda ste cose?
    Sembra la sceneggiatura di un filmino da serie .
    La segretaria compiacente padre ammalato ecc....
    Meglio credere si sia inventata tutto.
    Se invece ha detto la verità ( cosa che non credo) deve fare i conti solo con la sua coscienza .
    Ma una che si comporta come ha fatto lei ha pochi scrupoli.
    Su tutto.
    Come si dice : non si piange sul latte versato.
    Ah ...ma allora è vero che scrivi per Confidenze.
    Credevo mi prendessi in giro sul post dove me lo dicesti.
    Madonna lo leggeva mia nonna...ma c’è ancora..?
    Ciao

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    1. Certo che esiste ancora.
      É intramontabile e viene diffuso da più di 70 anni.
      Quanto alle storie, di solito, riguardano persone che conosco realmente, oppure mi contattano via mail o social, ci scambiamo il numero di telefono e mi raccontano la loro esperienza.
      Io scrivo, gli mando la storia e loro me la approvano.
      Ecco. Alcuni passaggi sono romanzati, per dar luce alla mia interpretazione personale, nonchè per non cadere troppo nei tecnicismi o nello scabroso. Ma la storia di fondo è vera.
      Poi, se bugie mi raccontano, bugie vi racconto.
      Ma voglio credere che non sia così.

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  9. Quando ho letto che ha iniziato ad avere rapporti sessuali con quel lurido mi sono venuti i brividi..non voglio esprimere nessun giudizio, spero che la vita porti a lui quel che merita e che lei possa trovare serenità. Ps: ma scrivi per Confidenze? Non sapevo!

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    1. Sì. Lo faccio da qualche mese, e ne sono molto orgogliosa.
      Siamo in tanti, però, quindi mi si trova in edicola non più di una volta al mese.
      Poi, dipende. Io scrivo e invio. Appena possono loro pubblicano.

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  10. Infierire su quella ragazza mi sembra sbagliato. Non è stata capace di mettere al primo posto la sua dignità, ma le motivazioni che l'hanno spinta all'errore erano forti. Io mi sono limitato al lemma "debolezza".

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    1. Non mi sembra che nessuno abbia infierito su di lei. Anzi.
      Mi sono apparsi tutti molto solidali.

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  11. "Meglio credere si sia inventata tutto.
    Se invece ha detto la verità ( cosa che non credo) deve fare i conti solo con la sua coscienza .
    Ma una che si comporta come ha fatto lei ha pochi scrupoli.
    Su tutto".

    E' una parte del commento di MAX.

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    1. Conosco Max come un uomo buono e di sani principi.
      Sono certa che la sua analisi non volesse in alcun modo offendere Annalisa, ma semplicemente far leva sul fatto che, come ho spiegato al Cavaliere, non si tratta di una povera vittima di violenza, ma di una ragazza che ha preso delle decisioni impulsivamente, compromettendosi la vita.
      Ecco.
      In ogni caso, mi piacerebbe evitare polemiche, data la serietà del tema. E della storia.

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    2. Ti ringrazio per le belle parole.
      Ci conosciamo da poco....ma in verità sono un cattivo "ragazzo" di 48 anni.
      Mi spiace per Augusto...ma son convinto di quello che ho scritto a riguardo della ragazza e non cambierei un rigo.
      Ciao ciao

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    3. Capisco. Ti chiedo scusa ragazzo di 48 anni.
      Firmato donna di 31. 😜

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    4. Scusarti e de che?
      Lascia stare.
      Beviamoci sopra.
      Ciao

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    5. Ma c'era la linguacciaaaa.
      Mi scusavo se ti avevo dato dell'UOMO. Uomo mi pare di capire sia per anziani, no? 😂😂😂😉
      Qui siamo entrambi minorenni.

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  12. Ciao Carissima , sono arrivata stanchissima , ciò non toglie che
    metta un commento su questo interessante episodio . (Se è vero ).
    Con la mia esperienza di vita , ho sempre detto NO a offerte del
    genere , ancora prima di incominciare . Però , io dovevo guadagnare
    solo x me stessa e quindi onestamente .
    Assolvo Annalisa per il fatto che la sua famiglia era in condizioni
    precarie e aveva bisogno del suo stipendio , allora , forse , lo
    avrei fatto anch'io . Sfido chiunque , in un caso come questo , a
    tirarsi indietro . Io ho avuto la fortuna di non dover MAI dovuto
    accettare compromessi ma , non per tutti è così .....
    Chi non sà , come si permette di condannare ???
    Solidale con Annalisa , sperando abbia ora una vita serena . L.A.

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    1. Lauraaaa, bentornata!
      Che piacere ritrovarti.
      E grazie per il tuo graditissimo omaggio, che custodirò gelosamente.
      Per fortuna, neanch'io ho mai ricevuto "proposte indecenti", sebbene mi sia capitato che il mio titolare abbia fatto delle avances alla mia collega d'ufficio, e lei lo abbia denunciato.
      Forse con me non aveva mai superato il limite perché sono sempre molto seria e distaccata sul lavoro. Oppure non ero abbastanza sexy per i suoi canoni. Chissà.
      Di sicuro, però, non ho mai invidiato la povera collega.
      Bacio a te.

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  13. La malattia c'è; l'uomo approfittatore anche.
    Se rendevi la protagonista (ingenuaaaaa) metà italiana e metà francese, e se Gianni fosse stato Gianna... ecco il racconto perfetto per presentarti come clone-blogger XD

    Moz-

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    1. Ahahah
      Cattivissimo. Perchè Francese? Facciamo Inglese, no? :P

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    2. Ahaha, oppure qualcosa di inedito: la Spagna non è mai stata usata.

      Moz-

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    3. Strano.
      Neanche per citare qualche autore omosessuale che ha cambiato la storia del Paese?

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  14. Che si tratti di fatto verace o di semplice racconto ha un'importanza relativa. Una pubblicazione punta ai commenti, alle reazioni; vanno, purtroppo alla grande, le cosiddette fake news: notizie presentate come vere, garantite come tali, col solo scopo di provocare reazioni contrastanti, meglio se polemiche.
    Detto ciò, mi affido al detto "l'occasione fa l'uomo ladro", o il bisogno aguzza l'ingegno, o la fame rende ciechi. Nei commenti precedenti vedo un giusto appoggio, e compatimento, ad Annalisa. Meno, anzi direi assenti, le note stigmatizzanti la miseria di quel Davide.
    Quando ci sono scelte di questo tipo, chi le deve fare è sempre donna. Sarà certamente un caso...
    Mi sovviene un fatto recente: una ragazza stuprata (quindi vittima non per sua scelta) aveva denunciato il suo carnefice. Che è stato assolto, il che, lo sappiamo dalle cronache, non è più un fatto isolato. La motivazione dell'assoluzione? La ragazza non era stuprabile poiché indossava i jeans, notoriamente stretti e aderenti, che creano una barriera, secondo i giudici insormontabile dall'aggressore. Il fatto che una ragazza, ma qualunque vittima di violenza, possa essere stata costretta sotto la minaccia di un'arma, o anche solo con la minaccia di morte, a togliersi i vestiti per soddisfare le voglie del farabutto, ai giudici non è passato per la mente.
    È pur vero che le minacce non hanno mai seguito (vero?), per cui non risultano dalle cronache ragazze morte ammazzate per aver rifiutato l'aut-aut... Nel caso abbiano aderito, diventano automaticamente consenzienti? Pare di sì, secondo alcuni illuminati... che definire stupidi è un complimento.
    Quella di Annalisa, pur se fosse romanzata dall'inizio alla fine, dà uno spaccato abbastanza credibile. Anche la coincidenza di tanti eventi negativi che l'hanno (o avrebbero) costretta a una scelta, non è del tutto casuale: è noto che quando crolla il pilone di un ponte a ruota seguono gli altri, il tutto provocando una tragedia.

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    1. Questa vergognosa vicenda dei jeans mi è sfuggita.
      Quindi, per lo stesso concetto, un impiegato di banca che viene costretto a svuotare le casse sotto minaccia di un'arma da fuoco, ma che non riceve un colpo in fronte, è complice della rapina?
      Io sono sempre più schifata dall'applicazione di determinate norme.
      Meglio non commentare oltre.

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    2. ROMA - Si era opposta o no con tutte le sue forze al violentatore? Evidentemente no, visto che lo stupratore era riuscito a sfilarle i jeans - indumento che, come tutti sanno, non è sfilabile "senza la fattiva collaborazione di chi lo porta". Dunque la ragazza "ci stava", era "consenziente". Dunque non è stata stuprata. Erano decenni che un concetto come questo non circolava più nelle aule di giustizia. Ci ha pensato la Cassazione a rinverdire il vecchio concetto del "ci stava" in una sentenza con cui ha annullato la condanna a due anni e dieci mesi decisa dalla corte d'Appello di Potenza contro Carmine C., 45 anni, istruttore di guida, portato in tribunale da una ragazza di 18 anni, Rosa.

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    3. Ricordavo bene, ma nel dubbio avevo parlato di un semplice giudice. Invece il concetto era stato ribadito dalla Cassazione, nota anche come Alta Corte. Una delle tante perle emesse fuori dalla portata delle nostre misere conoscenze...

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    4. Sono sempre più inorridita.
      Davvero. Senza parole.

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  15. Penso che le cose stiano in poco posto: hai un grande cuore...il tempo cancella tutto...forse...puoi perdonarti se pensi che sia il caso...per me non ne hai bisogno...perdonare esso non serve...non lo capisce neanche...penso che il tempo cancella....ma punisce anche...e gli schiaffi del tempo sono brutti...e non si possono schivare....tieni botta...sei grande ��

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    1. Chiederò ad Annalisa di leggere tutti questi commenti.
      Peccato che tu non ti sia firmato/a.
      Immagino comunque che il tuo supporto le farà piacere.

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Per colpa di chi ne ha abusato, minando l'atmosfera familiare che si respira su questo blog, sono vietati i commenti anonimi, così come quelli polemici e offensivi.
Se non prendi la vita con filosofia e ami mettere zizzania, sei nel posto sbagliato.