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giovedì 18 ottobre 2018

Dalla gloria all’amore

Laurearmi in farmacia era il mio sogno da sempre, per seguire le orme di mio padre. Purtroppo, però, non riuscii a superare il test di ammissione all'università della mia città, e scelsi di optare per biotecnologie farmaceutiche, a numero aperto. 
Studiare mi era sempre piaciuto molto, soprattutto nel campo scientifico. 

Ricordo gli occhi dei miei genitori, luccicanti d'orgoglio, il giorno della mia seduta di laurea. Il silenzio dell'aula fu rotto da un prorompente applauso, durato forse dieci minuti, nel momento in cui mi alzai per stringere la mano al mio professore e al resto della commissione. Avevo portato a casa un 110 con lode. 
Persino i giornali locali riportarono la notizia, con un breve messaggio di orgoglio. 
Adesso avevo tutta l'estate per decidere su quale strada proseguire. 

In accordo con papà, accettai di frequentare un master della durata di un anno a Londra, ma ad un'unica condizione. Ero stanca di gravare economicamente su di lui, quindi sarei partita soltanto se mi avesse concesso la possibilità di lavorare part time come cameriera, o altro. 
Essendomi sempre concentrata solo sullo studio, infatti, non avevo alcuna esperienza e mi sarei accontentata di qualsiasi mansione. In verità né lui e né la mamma ne furono felici. Non capivano cosa mi mancasse e perché desiderassi affaticarmi per quattro soldi, invece di fare un viaggio studio e di tornare a casa arricchita a livello culturale e nello spirito. 

Quello che non gli avevo mai confessato è che dipendere da loro e soddisfare le grandi ambizioni che avevano su di me, mi pesava, e non poco. Mi sembrava di vivere una vita non mia. 
Eppure, facevo quello che avevo sempre sognato, ma l'entusiasmo era venuto meno per mille ragioni. Settembre arrivò in un baleno e con lui il mio biglietto di sola andata per il Regno Unito. 

Mi sistemai in una stanza per studenti, all'interno di una graziosa abitazione che condividevo con altre tre ragazze: Susanna da Torino, Amelie da Parigi e Jiao da Tientsin. 
Il master mi impegnava dalle 9 alle 14, dal lunedì al giovedì, quindi, avevo molto tempo per dedicarmi ad altro. 

Dopo aver lasciato il mio curriculum in tantissimi locali londinesi, fui chiamata per un colloquio da un noto fast food, ad una sola fermata di metro dal mio alloggio. Mi assunsero subito, felici di constatare la mia ottima padronanza della lingua, assieme una voglia immensa di lavorare.
Cominciai pochi giorni dopo. Avrei collaborato con loro tutte le sere, per uno stipendio che mi permetteva, finalmente, di pagare l'affitto e di provvedere totalmente a me stessa. 
Bastarono un paio di settimane perché mi invaghissi follemente di Riccardo, un giovane avvocato bolognese che aveva lasciato l'Italia in cerca di un futuro più solido, ma che era stato costretto a reinventarsi cuoco, nell'attesa di tempi migliori. 
Il titolare accolse con gioia la notizia della nostra relazione, forse perché sapeva che questa sarebbe servita a tenerci ancorati a quel lavoro. 

Anche il master mi dava grosse soddisfazioni. Però, gli sbocchi professionali annunciati al momento della mia iscrizione non sembravano trovare riscontro. Più chiedevo informazioni al mio tutor, e più questi tergiversava. 
Ai miei, invece, raccontai di aver ricevuto un'importante offerta da parte di una multinazionale specializzata nella vendita di prodotti farmaceutici, per uno stage di sei mesi, al quale sarebbe seguita l'assunzione. 
Gli dissi anche di essermi innamorata di Riccardo, e che avrei voluto continuare a vivere a Londra per stargli accanto. 
Di sicuro avrebbero preferito che tornassi a casa, ma nel vedermi così felice non ebbero il coraggio di contraddirmi. Spesso, infatti, gli inviavo fotografie di coppia, e li facevo parlare al telefono con lui. 

A fine estate il mio percorso di studi giunse al termine ma, come temevo, non ricevetti nessuna offerta di lavoro. Avrei dovuto e potuto trattenermi ancora in città, sperando che il mio curriculum arrivasse nelle mani giuste, ma senza alcuna garanzia di buon esito. Quindi presi una decisione che mi avrebbe cambiato la vita. 
Chiesi a Riccardo di accompagnarmi dai miei per due settimane, in modo da permettermi di presentargli la mia famiglia ed i miei amici più cari. Al nostro arrivo a casa, ci accolsero decine di persone. 

Mostrai a mio padre l'ennesimo attestato che corse ad appendere in salotto, e gli spiegai che un mese dopo avrei iniziato il mio stage in azienda. Mentivo, ma l'idea di separarmi dall'uomo che amavo mi faceva impazzire, così come la paura di deludere i miei e le enormi aspettative che avevano riposto in me. 
Così, quindici giorni dopo tornammo a Londra e ricominciammo a lavorare in quel fast food che tanto ci rendeva felici, sia perché era stato la culla del nostro amore, e sia per l'atmosfera incantevole che regnava tra tutti i colleghi. 
Sapevo che sei mesi sarebbero passati in fretta, e che dovevo inventarmi qualcosa per giustificare ai miei la mia permanenza oltremare. 
Non smisi un solo istante di distribuire cv, sia via mail che personalmente, ma il telefono non squillava mai. I sogni di gloria miei e di tanti miei giovani conterranei, sembravano essere, ormai, solo un'utopia. 
Eppure, non avevo il coraggio di confessare a papà che fare la cameriera mi rendeva felice. Quindi, cominciai ad inventare storie su storie. 
Raccontavo giornate di sfiancante lavoro in ufficio, quando invece correvo da un tavolo all'altro con indosso un grembiulino scuro ed una t-shirt bianca. 
Neppure la mia migliore amica conosceva la verità, sebbene il tempo ormai stringesse e dovevo trovare una soluzione. 

Riccardo mi mise davanti ad un aut aut. O confessavo ai miei genitori di non voler più intraprendere la carriera scientifica, oppure lo avrebbe fatto lui, in una delle frequenti telefonate che mia madre gli faceva. Così decisi di prendere il primo volo per Roma e di porre fine a questa farsa. 
Subito papà mi domandò cosa fosse accaduto, e se qualcuno mi avesse mancato di rispetto in azienda. 
La mia risposta gli gelò il sangue. "No! Anche perché non sono mai entrata in nessuna multinazionale. Ho inscenato tutto per difendere la mia felicità. Lavoro ancora nello stesso locale dei tempi del master, e non ho intenzione di andarmene. Perdonami!". 
Dopo qualche momento di sconforto, mi abbracciò, e non aggiunse una sola parola. 
La sera, a tavola, lui e la mamma mi spiegarono che la mia serenità valeva più di qualsiasi titolo di studio o professione, ma che se volevo fare "solo" la cameriera, potevo farlo lì, a casa mia, senza vivere dall'altra parte del mondo. 
In fondo, la stessa catena di locali per cui lavoravo aveva numerose sedi a Roma, quindi non sarebbe stato troppo difficile chiedere il trasferimento. 
Ma Riccardo? Non potevo decidere per entrambi. Gli telefonai e gli spiegai l'accaduto. Mi chiese del tempo per riflettere. 
Dopo tre giorni esatti, si presentò alla mia porta, con le valigie, chiedendomi se avessi un letto per lui. La gioia di riabbracciarlo fu incontenibile. Aveva mollato tutto per credere in me e nel nostro amore. 
Ci trasferimmo nella casa di mia nonna, rimasta vuota dopo la sua dipartita. 
Grazie alla buona raccomandazione del nostro titolare londinese, entrammo in uno dei fast food romani, del quale divenni direttrice dopo pochi mesi di attività. 

Sono passati due anni da allora. 
Non abbiamo ancora mai pensato di cambiare professione. 
Forse, un giorno apriremo uno studio legale, oppure io diverrò biotecnologa in un prestigioso laboratorio. O magari saremo semplicemente genitori ed innamorati. 

Quel che è certo è che siamo esattamente dove vogliamo essere e ci sentiamo felici. 
I sogni cambiano, l'amore no.


Racconto pubblicato sul numero
42 di Confidenze
del 9 ottobre 2018

27 commenti:

  1. Bella storia.
    L'hai scritta molto bene.
    Hai creato quell'effetto suspence che incuriosisce e non ti fa stancare di leggere.
    Mi riferisco alla reazione dei genitori della protagonista al momento di scoprire la verità...
    Una reazione molto matura e comprensiva...che non è poi così scontata al giorno d'oggi.
    E' una storia per me principalmente di sogni che fan fatica a realizzarsi , ma questo non frena i due ragazzi nel continuare a sperare in questi sogni.
    E' un racconto positivo che affronta in maniera ottimistica il tema del precariato e delle disillusioni legate al mondo del lavoro tipiche di queste generazioni, purtroppo.
    Ciaooo

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    1. Pensa che tra i miei compagni di classe del liceo molti sono nella condizione di Raffaella, e non sanno ancora cosa sarà della loro vita.
      Questo è il motivo principale per cui decisi di lasciare l'università dopo un solo semestre.
      L'idea di studiare per dieci anni, senza neppure essere certa di trovare, poi, un'occupazione, mi terrorizzava.
      E allora decisi di tuffarmi nel mondo del lavoro, accettando mansioni ben distanti dai miei ideali.
      Posso dirti che non mi sono mai pentita. Non avrò titoli, ma sono in pace con me stessa e realizzata.
      Buona giornata

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    2. Questo che racconti ti fa onore !
      Sicuramente non è il caso di Raffaella , evidentemente !
      Ma ci sono tanti ragazzi che continuano a farsi mantenere gli studi dai genitori senza nemmeno che gli passi per la testa di provare a mantenersi (in parte) cercando un lavoretto ..come ha fatto Raffaella.
      E non so quanti cercano di addattarsi a lavori più umili o comunque distanti dai propri ideali come scrivi te finche non trovano il lavoro per il quale hanno studiato.
      Il solito discorso su quei lavori sempre rispettosi che ti aiutano a portare a casa la pagnotta ma che oramai gli italiani non vogliono più fare!

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    3. "Purtroppo" io sono nata indipendente, e non so dirti perché.
      Con papà litigavamo al contrario.. Lui voleva pagarmi cose o almeno farmi regali, ma io rifiutavo sempre.
      Persino l'iscrizione all'università scelsi di pagarla da me, con risparmi che avevo frutto di lavoretti estivi.
      Quindi, davvero non capisco come facciano quelli che si fanno mantenere, sebbene ne conosca moltissimi.
      Quindi, sicuramente, il "problema" sono io. Figlia, moglie e madre autonoma. 😉

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  2. Mi ha reso un po' triste questa storia, anche se l'amore va a lieto fine...mi unisco ai complimenti perché l'hai raccontata benissimo!

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    1. Adesso mi sono finalmente ricordata perché il tuo nome mi suonava familiare..
      Perché quando ti ho conosciuto, avevo da poco scritto questa storia.
      Quindi, tu rappresenti l'altra faccia della medaglia, ovvero la carriera.
      Adesso, però, vedi di realizzarti anche nel settore amoroso.
      Io, intanto, metto da parte i soldi per l'invito.. 😜

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    2. ahahah, che carriera XD, diciamo che almeno faccio il lavoro che avrei voluto fare. Non è poco, eh, di questi tempi.

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    3. E lo fai con contratto a tempo indeterminato....
      Sempre pochissimo, eh? :P

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  3. Storia bellissima, ci voleva una storia bella e a lieto fine in una giornata così grigia.

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    1. Uffi. Adesso, però, mi dispiace per il grigiore.
      Spero che sia solo passeggero.
      Un abbraccio

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  4. Ciao! Bel racconto, molto attuale. Io ho una Laurea Magistrale in Lettere, e ciò nonostante mi dibatto tra supplenze, stage a 400 euro ed un mare di ripetizioni...un titolo di studio non garantisce più un'occupazione fissa, purtroppo. A me spiace soltanto quando finisce un impiego in un luogo in cui mi trovavo davvero bene… è un peccato! per il resto cerco di guardare il lato positivo della medaglia: ho fatto un percorso di studi che adoro, le esperienze fatte sono comunque nel mio campo, ho il mio blog, e sinceramente… la serenità, nella vita, è data anche da tanti altri fattori!

    Buona giornata Claudia e grazie ancora per il racconto :-) :-)

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    1. Hai proprio ragione nel dire che la serenità è data da molto altro, però la realizzazione in campo professionale o familiare aiuta.
      Sai, anch'io mi iscrissi a Lettere, con indirizzo Editoria e Giornalismo, ma tra laurea ed abilitazioni varie mi sembrò un percorso troppo lungo, quindi scelsi di interromperlo sul nascere.
      Purtroppo, per carattere, porto sempre a termine quello che inizio, e quindi se non avessi mollato subito, sarei rimasta incespicata in un progetto che mi dava più ansia che gioia.
      Ma, ripeto, non mi sono mai pentita.
      Grazie a te di essere qui.
      Un bacio

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  5. Un po' mi ci sono ritrovata..ho avuto molta paura a confessare la decisione di diventare danzaterapista, anche se non lascio la professione di avvocato. Ma stavo vivendo una vita non del tutto mia e finalmente passati i 30 anni mi sono buttata

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    1. Mi ricordo quando ci parlasti della tua scelta, e mi pare di averti spronata a credere nel tuo sogno.
      Resta, comunque, che hai fatto benissimo a non abbandonare la toga, quantomeno per ora. 😉

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  6. Seguire le orme dei genitori ha senso solo se si crede in quei sogni nello stesso modo.
    Comunque tutti i passi che facciamo ci portano da qualche parte. Se la protagonista non fosse volata a Londra per quel master, probabilmente non avrebbe mai incontrato Riccardo.

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    1. È proprio vero.
      Come dico sempre io, se tutto il male che ho vissuto è servito a stringere tra le braccia Lorenzo, allora lo rivivrei. Dieci, cento, mille volte.

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  7. Susanna da Torino, Amelie da Parigi e Jiao da Tientsin: viveva con le clone-bloggers? XD
    Comunque, una storia utopica... sta tizia per la felicità rinuncia a tutto per davvero, ma i tempi sono pericolosi.

    Moz-

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    1. Ahah
      Non saprei. Le chiederò se le sue coinquiline avevano un blog. O magari cento..
      Tornando seri, però, a cosa avrebbe rinunciato esattamente?
      Ad un lavoro che non le piaceva, in una città che non la entusiasmava?
      Io, come lei, avrei scelto l'Amore e un lavoro modesto, seppur con possibilità di carriera..

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  8. Alleluja cara Claudia , questa mattina un'altro tecnico sembra abbia
    fatto un buon lavoro con il mio PC ed eccomi da te .
    Oltre che per il tuo racconto di vita , ti devo anche fare i complimenti
    per quel 110 e Lode . Tra i tanti lavori che ho fatto x mantenermi ,
    anch'io ho fatto la cameriera a Londra con colleghi di varie
    nazionalità e... mi sono divertita tantissimo . Una bella esperienza.
    Non ho però incontrato l'Amore come è successo a te ma , mi è
    andata bene lo stesso . Non ho rimpianti e rifarei tutto , ero
    molto giovane e avuto esperienze che mi hanno maturata e insegnato
    a vivere e forgiato la mia personalità. Abbraccione one one . Laura

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    1. Che piacere ritrovarti Laura!!!!
      Mi sei mancata tanto.
      Comunque hai frainteso un pochino. Questa non è la mia storia, ma una di quelle che io scrivo, abitualmente.
      Riguarda, infatti, la mia amica Raffaella.
      Io all'estero ci sono stata spesso, ma solo per vacanza, e non mi sono mai laureata.
      In ogni caso, speriamo che il tuo computer non faccia più i capricci.
      Un bacione one one

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  9. Bella storia... alla fine l'amore trionfa.

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  10. Bella storia molto attuale i giovani col naso in su o giu dovrebbero leggerla. Ciaooo

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  11. Hai una scrittura molto piacevole, incisiva ma delicata, scorrevole ed essenziale. Complimenti. 😊

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