mercoledì 21 agosto 2024

'La neve in fondo al mare': Bussola e l'adolescenza ai tempi del Covid. Il dolore e la speranza


Come da tradizione, a soli tre giorni dal mio compleanno, eccomi qui a recensire l'ultimo libro di Matteo Bussola, "La neve in fondo al mare".
L'ho letto in due pomeriggi, come sempre, e lo ricomincerò presto, per assaporarne appieno ogni sfumatura.
Con la sua penna scorrevole e la mia amata tecnica dello storytelling, Matteo dà voce al periodo più ostico della vita tra genitori e figli: l'adolescenza.

Lo fa, inoltre, contestualizzando le vicende narrate ai tempi della pandemia da Covid-19, e mostrando gli effetti che il lockdown e le varie restrizioni hanno comportato su bambini e ragazzi.
Perché se è sempre stato difficile comprendere un figlio che cade nell'oscuro tunnel dei disturbi alimentari o dell'autolesionismo, all'indomani di uno scenario apocalittico e surreale lo è diventato ancora di più.

Protagonisti del libro sono l'ingegnere Tano e suo figlio Tommy, giovane promessa del nuoto che, alle medie, si ammala di anoressia nervosa.
Più volte, per potergli salvare la vita, i medici saranno costretti a ricoverare il ragazzo in ospedale, ed è proprio qui che lui e suo padre incontreranno tanti compagni di viaggio uniti dal comune denominatore di sentirsi falliti come genitori e incompresi come figli.
Ci sarà Marika, che si taglia nella speranza di far fuoriuscire tutto il dolore che si porta dentro; Nicholas, il bambino di undici anni irascibile e violento, ma dal cuore buono; Giacomo, l'influencer dimenticato; Eva, la ragazza che continuerà a mangiare ogni genere di schifezza, intrappolata in un corpo sempre più grande, che schiaccia inesorabilmente la sua anima.
I loro genitori, Franco, Amelia, Elena, Marco e Giulia, si confronteranno spesso davanti alla macchina del caffè. Disperati, si chiederanno dove hanno sbagliato per permettere ai figli di smarrirsi in sentieri così oscuri.
Nessuno o quasi troverà le risposte che cerca.

Eppure, il lettore percepisce subito la difficoltà di questi ragazzi di convivere con le aspettative dei loro genitori. Il peso sul cuore di non essere alla loro altezza, di deluderli.
Il gap sta tutto lì. Nella paura.
Di non essere figli sufficientemente perfetti, e di non essere madri o padri da manuale.
Quanto sarebbe tutto più facile se ambedue le parti si limitassero ad amarsi senza preconcetti, e garantendosi il sacrosanto diritto alla libertà.
Ma è indubbiamente più facile a dirsi che a farsi.

Mio figlio ha otto anni e mezzo. A scuola prende voti alti, ma io gli insegno ad impegnarsi sempre di più, per raggiungere livelli man mano più ambiziosi.
Sbaglio? Probabilmente sì. Al momento è un bambino così sereno e felice, ma non escludo che nella fase dell'adolescenza l'idea di deludere le mie aspettative potrà togliergli il fiato.
E allora vedrò di ridimensionarmi, e di fare in modo che capisca che il mio unico scopo nella vita è la sua felicità.
Non mi interessa assolutamente che diventi un brillante avvocato o medico. Né che mi renda nonna di otto nipoti. Solo sulla sua onestà non potrò mai transigere.

Non so se avrò la fortuna di uscire indenne dai mille uragani che l'adolescenza può portare con sé, ma di sicuro farò tutto ciò che è in mio potere per limitare i danni, e per convincere Lorenzo che non sarà mai troppo tanto o troppo poco, ai miei occhi. Né solo.
E, laicamente, pregherò che basti per non farlo mai sentire sbagliato.

Tano, Franco, Amelia e gli altri discorrono spesso sul fatto che ai loro tempi gli adolescenti erano più forti, mentre adesso appaiono tutti così fragili o fondamentalmente egoisti.
Ma la colpa non sarà proprio di quei genitori che, come me, cercano di proteggerli da ogni male del mondo, facendogli credere che sia tutto facile, per poi lasciarli inevitabilmente sprofondare, spaventati ed impreparati, davanti ai primi schiaffi della vita?

La verità è che, come dico spesso, il manuale del buon genitore non esiste, ed ogni caso porta con sé dinamiche più complesse e truci.
A noi non resta che cercare di restare a galla, abbracciando i nostri figli anche nei momenti più bui, e spiegandogli che sentirsi come "neve in fondo al mare" non è poi così raro né sbagliato.
Ma chiedere aiuto ad una madre o a un padre che non saranno mai stanchi di provare a risolvere tutto, può fare la differenza.
Grazie, Matteo, per questo ennesimo capolavoro che permette a genitori e figli di riflettere, ponendosi domande sempre più importanti.
Di unirli in un'unica direzione, con una delicatezza che solo tu puoi. E sai.

Tu che, se di aspettative si parla, non hai mai deluso le mie.
E scommetto che mai lo farai.

11 commenti:

  1. E' dunque il tuo scrittore preferito? :)
    Sembrerebbe di si.

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    1. Contemporaneo, sì. Vi ho ammorbati solo diecimila volte con post che lo riguardano.
      Ho recensito tutti i suoi libri e i film tratti da essi.
      Mancano solo i fumetti, perché proprio non sono il mio genere. 😅

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    2. Si, appunto lo chiedevo :D
      Grazie per la risposta. Buona giornata.

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  2. Risposte
    1. Chissà se realizzeranno un film anche di questo libro.
      Ovviamente non me lo perderei.

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  3. Nella mia libreria ho trovato il libro di Bussola "L'invenzione di noi due" .
    Questo forse lo regalerò a mia figlia per quando sua figlia sarà adolescente.
    A te (forse) servirà per capire meglio Lorenzo .
    Abbraccione , No , fa troppo caldo , bacini .
    Laura

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    1. Spero che Lorenzo potrà avere un'adolescenza serena, così com'è stata la mia. 🤞🏻

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  4. Ricordo l'adolescenza di mio figlio e sono contenta che sia passata. Non è stata facile, né per lui, né per me. Il problema più grosso erano le relazioni sociali: il rapporto con le ragazzine , il confronto con i coetanei ( più belli e disinvolti, che piacevano di più alle ragazzine) il bullismo di certi sfrontati tipetti, la sensazione di sentirsi "sfigati" erano sensazioni difficili da metabolizzare e confidare. La mamma non era più il centro dell'universo, ma una che "non poteva capire e non doveva sapere". Ah! che anni duri! Ma tutto passa, per fortuna, e rende più forti.

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    1. Non riesco proprio a pensare a tuo figlio come allo "sfigato della compagnia", vedendolo oggi così bello e appassionato di sport estremi. 😅

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    2. Eh lui si sentiva proprio così! Vai a dirgli che non era vero. Rispondeva che io ero sua madre e per forza lo vedevo in positivo. Ha lavorato molto su se stesso per imparare a piacersi e ad accettarsi. Sembrava che i suoi interessi fossero invisibili per gli altri: sport, chitarra, fotografia...le ragazze guardavano i palestrati con la "tartaruga" e adoravano festini e discoteche, cose che lui aborriva. Si sentiva diverso e non capito. Poi, maturando, ha trovato persone capaci di apprezzarlo e condividere le sue passioni, ma gli anni dell'adolescenza sono stati durissimi.

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    3. Ma che peccato!
      Scommetto che quelle stesse ragazzi oggi si mangino le mani guardando com'è diventato.
      E chissà se i palestrati le avranno rese felici.
      Senza nessun pregiudizio verso chi cura il proprio corpo più di ogni altra cosa.
      Ma io nei ragazzi ho sempre preferito altro...

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