
Correva il 1998, frequentavo la quinta elementare, e la maestra Adriana ci fece imparare a memoria un lungo estratto de "La pioggia del pineto" di D'Annunzio, presentandoci l'autore e permettendomi di restare abbagliata dal suo essere controcorrente, eclettico, sovversivo per quei tempi.
Qualche anno dopo, mi sarei ritrovata a comporre le mie prime poesie, riconoscendomi molto nello stile asciutto ma eloquente di Gabriele, e prendendolo spesso come esempio.
Nel '98, inoltre, per chi non lo sapesse, esisteva ancora l'esame di licenza delle elementari, ed ebbi la brillante idea di portare nella mia tesina proprio il componimento dedicato alla pineta.
Ancora oggi, lo ricordo quasi interamente a memoria, poiché quei versi mi segnarono il cuore, oltre che la mente.
Veniamo, però, al viaggio.
Per il weekend di Ognissanti, ho convinto la mia famiglia, inclusa mia madre, a recarci a Pescara.
Le premesse non erano eccezionali, considerando che il treno è partito con cinquanta minuti di ritardo, ma non è bastato a scoraggiarci, dato il mio amore per la causa.
Ho prenotato un piccolo alloggio in pieno centro. Siamo stati un po' stretti, è vero, ma il posto è molto carino e comodo per gli spostamenti.
Dunque, promosso. Anche il giovane host è stato gentilissimo e ha assecondato tutte le nostre richieste.
Per cominciare, essendo stanchi e affamati dopo circa quattro ore di viaggio, abbiamo pranzato nel ristorante "Margherita in centro", consigliatoci proprio da Mattia.
Qui abbiamo mangiato ogni ben di Dio, pagando il giusto.
Oltre ai famosi arrosticini, ecco la chitarrina alla teramana, gli gnocchi al ragù, le patate alla cenere, e altro, accompagnati da un ottimo vino della casa che ho assaggiato persino io che sono astemia da sempre.
Dopo il pranzo luculliano, abbiamo messo gli zaini in spalla e ci siamo recati sul Ponte del Mare, per ammirare la città dall'alto, illuminata anche da una splendida luna piena.
Presto, però, mi sono resa conto di aver commesso un piccolo errore di valutazione in quanto, sia la casa di D'Annunzio che la sua pineta, nonché il centro storico di Pescara, si trovano dalla parte opposta rispetto al nostro alloggio, e al centro moderno della città, con la stazione.
Quindi, mi è stato chiaro che avremmo dovuto camminare moltissimo l'indomani, così come in qualsiasi altro viaggio che io abbia mai organizzato.
Domenica mattina ci siamo messi in moto abbastanza presto, per paura di trovare code all'ingresso della casa museo.
Perciò, alle 8.30 eravamo già in strada.
Dopo aver percorso circa un chilometro e mezzo a piedi, ci siamo ritrovati davanti all'oggetto dei miei desideri.
Approfittando dell'iniziativa ministeriale "Domenica al museo", non abbiamo pagato il ticket d'ingresso.
Ed ecco che, finalmente, abbiamo potuto ripercorrere i passi di D'Annunzio, nella casa che l'ha visto nascere e che l'ha ospitato sino agli undici anni, quando si trasferì in un collegio a Prato, ma continuò a farvi sempre ritorno per visitare la sua amata madre Luisa.
Onestamente, mi aspettavo un museo più grande, considerando che molte aree sono chiuse per lavori tecnici, ma toccare con mano i luoghi che hanno forgiato una mente brillante come quella di D'Annunzio non può lasciare spazio alla delusione.
Usciti dal museo con destinazione pineta abbiamo appreso, però, che anche qui a causa di lavori di manutenzione, non sarebbe stato possibile visitare il luogo.
Ma, per fortuna, una gentilissima guida ci ha consigliato di raggiungere il teatro Faiano, accanto al quale avremmo trovato un ingresso alternativo che ci avrebbe permesso di fare una piccola passeggiata tra i pini e "i ginepri folti di coccole aulenti".
Essendo ormai arrivato mezzogiorno, abbiamo deciso di pranzare al volo in un'area vicina, dopo aver acquistato dell'ottima schiacciata tipica pescarese, e qualche buon salume, e poi di tornare all'alloggio a piedi, percorrendo tutto il lungomare per circa tre chilometri.
Ad onor del vero, all'andata, per risparmiare ai miei incauti accompagnatori una morte certa, avevo accettato di prendere un pullman che ci avrebbe lasciati esattamente davanti alla pineta.
L'idea era di riprenderlo, alla fine del giro in pineta, per tornare in centro, ma complici le temperature primaverili, e la voglia di ammirare Pescara anche con la luce del sole, ho convinto la ciurma e tornare a piedi.
Insomma, dopo aver girato in lungo e in largo per il resto della giornata, siamo tornati a casa a prendere i bagagli e ci siamo recati in stazione per aspettare il nostro treno 610 delle 18.01 che ci avrebbe riportati a Monopoli.
E' stata una breve vacanza bellissima.
Pescara merita. D'Annunzio ancora di più.
Siamo tornati a casa, però, con un grosso mistero irrisolto. In molte delle foto che abbiamo scattato, mio marito ride come un pazzo, senza che capissimo perché.
Eppure, guardavamo nella stessa direzione.
L'unica volta che l'abbiamo convinto a confessare è stata davanti alla stazione, durante la foto di rito col treno a vapore.
Pare che, mentre eravamo in posa, di fronte a noi, qualcuno abbia rischiato rocambolescamente di cadere, inciampando nella sua stessa valigia, e provocando la fragorosa risata di Leo.
Ma della spiaggia, e di altri momenti, non ci ha spiegato nulla. Mah!
Intanto, eccovi le prove. Giudicate un po'...
Concludo invitandovi sempre a viaggiare, anche se si tratta solo di brevi gite come quelle che mi concedo appena posso.
Non c'è nulla che arricchisca di più lo spirito e l'umore.
A presto.






























Ciao Claudia, che bella gita, mi è piaciuto molto leggere il tuo resoconto! D'Annunzio affascina molto anche me tanto che un po' di anni fa sono stata a Gardone Riviera a visitare il Vittoriale... una meraviglia :-)
RispondiEliminaAbbiamo un'altra cosa in comune, allora.
EliminaVorrei andare anche a Recanati, alla casa di Leopardi, ma è molto più complesso arrivarci con i mezzi.
Bella gita, e raccontata con sobrietà e simpatia. 😊
RispondiEliminaD'Annunzio mai approfondito a scuola (non che lo snobbassi io, ma è capitato sempre in periodi in cui si preferiva concedere interrogazioni extra per recuperare voti scarsi, sia alle medie che alle superiori, sottraendo didattica a chi avrebbe potuto imparare qualcosa in più...), e letto poco di suo anche per conto mio.
Delle poesie che ho dovuto imparare a memoria, ricordo con certezza "Il sabato del villaggio" di Leopardi e "Tanto gentile e tanto onesta pare" di Dante, ma non escludo mi sia stato somministrato anche qualche verso de "La pioggia nel pineto", dato che il titolo lo conosco.
Io, invece, conosco tante poesie a memoria, perché la maestra Adriana ce le faceva imparare.
EliminaAd esempio, saprei recitare oltre a "Il sabato del villaggio" che hai già citato tu, "Alle fronde dei salici" di Quasimodo, "Pianto antico" e "San Martino" di Carducci, "San Martino del Carso" e "Soldati" di Ungaretti, "X agosto" di Pascoli e probabilmente anche qualcun'altra che adesso non mi viene in mente.
Alle medie, invece, non me ne hanno mai fatte imparare.