mercoledì 17 novembre 2021

Un padre e un figlio


La storia di Giosuè Prezioso e suo padre Franco

Siamo alla fine degli anni Ottanta, in una cittadina del sud, Ostuni.
Mio padre è un uomo istrionico, affascinante.
Parla molto bene il Tedesco, poiché la sua famiglia è emigrata in Germania.
In paese si vocifera da tempo in merito al fatto che lui sia omosessuale.
Eppure, mia madre, giovane e inesperta, pressata dal vincolo sociale di doversi sposare, decide di approfondire la sua conoscenza e se ne innamora.

Così, questa coppia alquanto insolita, si unisce in matrimonio e, un anno dopo, nasce mia sorella, per poi allargare la famiglia ulteriormente col mio arrivo.
Nonostante la non-convenzionalità, ho sempre avuto chiaro che fossimo una famiglia "speciale", sui generis, meglio.
A volte mi domando cosa sarebbe accaduto se papà fosse stato libero di amare sin da subito chi voleva, senza subire i pregiudizi della società ed essere etichettato come diverso.
Ma, probabilmente, non sarei qui a raccontarvelo, né avrei la strada spianata verso quella che oggi è la mia libera affermazione, proprio grazie a lui e alle sue battaglie.

Fu quando avevo circa dodici anni che i miei genitori decisero di separarsi.
Presi, quindi, a frequentare quotidianamente la casa in cui papà si trasferì. Volevo studiarlo, per trovare una risposta ai miei dubbi, senza però dovergli chiedere nulla. Sentivo il bisogno di schiarirmi le idee.
Un pomeriggio qualunque, mentre chiacchieravamo, mi raccontò di stare ormai da dieci anni con un uomo che conoscevo abbastanza bene.
Allora fu tutto chiaro.
Gli insulti che udivo quotidianamente, i pettegolezzi, le cattiverie gratuite. 
Ero figlio di un omosessuale e, sebbene non l’avessi mai confessato a nessuno, ero proprio come lui.
Papà, però, in cuor suo, ne era a conoscenza.
Un giorno, dal nulla, lo comunicò a mia madre, ma lei preferì non proseguire la conversazione.
Lo sapeva, l’aveva sempre saputo, ma era inutile affrontare l’argomento.
Spesso entrambi mi chiedevano di contenere i miei atteggiamenti effemminati, di non crescermi i capelli, di indossare abiti più scuri. Di frequentare la scuola calcio, anziché ballare. Ad una prima lettura potrebbe sembrare che volessero salvare le apparenze, nascondendo la mia omosessualità, ma così non era. In realtà, a loro modo, hanno sempre voluto proteggermi.
Papà era adulto, spavaldo, e poteva sobbarcarsi il peso dei pregiudizi, ma io che ero poco più di un bambino, avevo ancora bisogno di serenità.

Per fortuna, però, quando mi iscrissi al liceo artistico in un’altra città, cominciai ad essere davvero me stesso.
Nessuno conosceva mio padre, né la sua storia. Il fatto che mi piacessero gli orecchini, i capelli lunghi e le borse passava inosservato. Anzi, mi rendeva quasi figo agli occhi degli amici che mi volevano bene per quello che ero. Finalmente riuscivo ad accettarmi davvero senza remore.

La strada per l’abolizione di qualsiasi pregiudizio verso gli omosessuali è ancora lunga ed in salita, e in quegli anni lo era persino di più, ma ogni piccolo centimetro di terreno guadagnato è prezioso, e mi piace pensare che qualche metro di quel percorso sia merito di papà.
A chi si chiede se la mia omosessualità sia un fattore genetico, rispondo che non lo so. Potrebbe anche essere, non lo escludo. Molti figli hanno gli occhi verdi come la mamma, il fuoco dell’arte come il papà, il carattere forte e predominante come la nonna.
In ogni caso, non vedo quale sia il problema.

I miei genitori oggi sono amici, riescono a supportarsi e a dialogare.
Non ho nulla da recriminargli, e spero davvero che l’aver deciso di diffondere la nostra storia possa servire a smuovere qualcosa.
Io, Giosuè, mi innamoro ogni giorno della vita che conduco.
Papà, Franco, ama i suoi figli, i nipoti, la sua ex moglie, il suo lavoro, chi gli fa battere il cuore.
Siamo fieri l’uno dell’altro e non cambieremmo una sola virgola del nostro vissuto, per quanto dall’esterno possa apparire insolito.
Gli amici mi chiamano Josh, ho ventott’anni, e occupo nel mondo lo spazio che ho sempre desiderato. Non avrei scommesso un solo euro sul fatto che sarei riuscito a realizzare i miei sogni, non avendo in famiglia esempi di riferimento. Sono stato il primo, infatti, a diplomarmi e voler frequentare l’università.
Dopo aver girato il mondo, adesso vivo a Roma, dove faccio il professore, e spero di riuscire ad insegnare ai miei studenti ad aprire la mente e a non avere mai paura del buio, del diverso. Che sia un orientamento sessuale, una caratteristica fisica, un’ombra.
Sono grato a mio padre per avermi permesso di essere libero, e spero che la vita gli restituirà tutto quello che gli ha tolto.

Oggi anche lui è un uomo molto realizzato. Oltre all’affermato ristoratore che è sempre stato, si è aperto al mercato dell’immobiliare, e ha investito sulla promozione di Ostuni e delle sue bellezze.
A mio contrario, non ha mai lasciato la sua città, forse perché, in un certo senso, è riconoscente ai suoi compaesani che gli hanno permesso di essere esattamente quello che è, seppur con non pochi ostacoli dovuti, soprattutto, all’epoca in cui viveva.
Ho sempre avuto il desiderio di trasmettere la nostra storia al mondo, attraverso un film, un’opera, un monologo. Non avevo chiaro come, ma sapevo che prima o poi sarebbe successo.
Così, un giorno, mentre vivevo al Cairo, ho trovato un bando Europeo alla ricerca di “storie dalla periferia del continente”. Solo otto storie fra tutti i Paesi che compongono l’Unione. Chiaramente la proporzione non mi ha incoraggiato, ma ci ho provato, pensando che fosse finalmente arrivata l’occasione giusta. La mia, la nostra opportunità.
Quindi, ho telefonato a papà, che ha accettato immediatamente. Abbiamo impostato il lavoro e organizzato quella pillola di un minuto che richiedeva il bando, inscenando una chiamata, che in effetti era autenticamente quello che stava succedendo.
Con nostro enorme stupore, siamo stati subito contattati dall’Europa, perché potessimo confermare la veridicità della storia. Quindi, abbiamo scoperto che non solo eravamo stati selezionati, ma ci avrebbero proposti come prima storia dell’intera serie.
Nel visual podcast che abbiamo realizzato, raccontiamo la nostra vita, le nostre paure, il lieto fine che ci ha visti insieme autori e protagonisti.
La storia di un rapporto solido che non ha mai avuto bisogno di troppe parole, ma di presenza e complicità, di sguardi e di supporto.
Padre e figlio uniti da un amore senza colore e pregiudizio. Com’è giusto che sia.

Racconto pubblicato sul numero 46
della rivista “Confidenze”,
il 2 novembre 2021

15 commenti:

  1. Bella storia. 🤗
    Mi piace anche il ruolo, da "non protagonista", della moglie di Franco, che ha sempre saputo ma che, probabilmente nella sua semplicità, ha accettato la naturalezza della cosa, e amato marito e figlio come tali, senza giudicare né alzare polveroni scandalosi che giovano soltanto alle menti bacate.
    Peccato che si sia "rotta" una famiglia, ma forse in realtà si è proprio allargata. 😊

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    1. Le famiglie si rompono molto di più quando i coniugi si odiano per anni, e magari vivono da separati in casa.
      Questi genitori si vogliono bene, si supportano. Molto più di tante persone sposate.

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  2. Storia toccante e sono felice che il ragazzo sia riuscito a farsi una vita che ama. E no la geneticadato Josh non centra nulla e poi cmq giustamente come dice Claudia,ma chi se ne imoorta se centra o no.

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    1. Purtroppo gli omofobi tendono a strumentalizzare qualsiasi cosa.
      Quindi è facile, per loro, parlare di "malattia" genetica.
      Questo è aberrante perché sicuramente NON si tratta di una patologia.
      Che invece sia una condizione genetica oppure no, che differenza può fare?!

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  3. Penso che siano stati fortunati entrambi a non incontrare il pregiudizio nelle sue forme più estreme. Se ci sia una componente genetica, non deve essere dominante perché il mio ex è gay ma mio figlio no. A loro auguro una vita lunga e felice.

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    1. Il pregiudizio l'hanno incontrato, ma Josh e Franco sono stati più forti delle dicerie e non si sono lasciati sopraffare da esse.
      Conosco così tanti figli che non assomigliano minimamente ai genitori.
      Questo mi porta a credere che anche l'orientamento sessuale possa essere una caratteristica ereditabile oppure no.
      Insomma, non esiste una scienza esatta che stabilisca che i figli di genitori con gli occhi azzurri debbano avere gli occhi azzurri.
      Allo stesso modo, il figlio di una persona omosessuale non deve esserlo necessariamente.
      Ma se anche lo fosse, sarebbero solo affari suoi.

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  4. Di questa storia, più di tutto, mi piace che i suoi genitori oggi siano amici.

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    1. Sono d'accordo.
      Contribuisce a regalare al tutto un lieto fine.

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  5. Purtroppo i pregiudizi sono la rovina del mondo, hai postato una bella storia, che fa tanto riflettere.
    Saluti a presto.

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    1. Grazie al coraggio e alla tenacia di Giosuè, questa storia sta facendo letteralmente il giro del mondo.
      In Italia ne hanno parlato le maggiori testate cartacee, radio e televisive. All'estero idem.
      Sono felice di aver dato il mio piccolo contributo alla sua divulgazione, portandola su Confidenze e ora anche qui.

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  6. Bella storia e direi , con un lieto fine tipo "e vissero tutti felici e
    contenti" . Quello che non capisco è il perchè Franco si sia sposato ,
    abbia fatto due figli e poi abbia divorziato . Non era più semplice se
    si trovava un compagno prima ? Mah! Forse Giosuè non avrebbe potuto
    raccontarla questa storia .
    Buona serata e bacione di buonanotte . Laura

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    1. Non lo so, cara Laura.
      Non sta a noi giudicare, né porci domande.
      Quel che conta è che tutti i protagonisti di questa storia sono felici e realizzati. 😘

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  7. Sempre questa storia
    Sei omosessuale..sei giallo..sei blu..
    E BASTA!!
    Siamo persone.con i piccoli /grandi problemi..della vita ..già questi son Grattacapi..lasciamo stare le varie identità..i vari nomi che diamo a NIENTE
    Solo PERSONE !! E BASTA!!
    bella questa storia ..per me che amo il lieto fine è grandiosa 😉

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    1. Per me è stato un piacere scriverla, per lo stesso motivo.
      Il lieto fine è sempre fantastico.

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