Lavoravo in quella multinazionale da ben quindici anni. Era stato il mio primo impiego dopo il diploma, e dunque consideravo i miei colleghi come una seconda famiglia.
I ruoli di responsabilità crescente che mi venivano affidati mi gratificavano molto.
L'improvvisa notizia della cassa integrazione e il successivo licenziamento furono, quindi, un fulmine a ciel sereno, a maggior ragione per me che, occupandomi anche di contabilità, conoscevo l'ottimo andamento finanziario dell'azienda.
Non sapevo letteralmente come sarei andata avanti, a quasi quarant'anni e senza aver mai dovuto mettere in discussione il mio futuro lavorativo.
Così, cominciai a deprimermi e a cadere nel tunnel della fame nervosa. Nell'arco di poco tempo ingrassai e decisi che avrei dovuto rimettermi in forma, iscrivendomi in palestra.
Lo sport, probabilmente, mi avrebbe aiutata anche ad uscire da quella fase di malessere mentale in cui ero sprofondata.
Mio marito, però, mi propose di andare a correre insieme a lui al mattino, e mi sembrò una buona idea per cominciare, considerando che non avevo mai praticato attività fisica.
Così, sebbene le gambe mi facessero male e il fiatone mi impedisse di respirare, a poco a poco il mio andamento si fece più veloce, tanto che Rino non riuscì più a starmi dietro, e riprese a correre da solo.
Qualche tempo dopo, mentre correvo sul lungomare del mio paese, mi si avvicinò una signora e mi informò che stava organizzando una gara stracittadina a Mondragone di tre chilometri, non agonistica. Mi invitò, quindi, a partecipare.
Non avevo mai pensato di gareggiare, seppure amatorialmente. In fondo, la mia passione per la corsa era nata solo per far sì che mi liberasse la mente dai pensieri che mi affliggevano. Però accettai, pensando che concentrarmi su un nuovo progetto mi avrebbe aiutata.
Contro ogni aspettativa, mi classificai al quarto posto, su circa cinquecento partecipanti.
Allora Rosanna mi chiese di entrare a far parte della sua squadra e di permetterle di diventare ufficialmente la mia preparatrice atletica.
Pensai che lei fosse una specie di angelo custode, piombato per caso nella mia vita per prendermi per mano e condurmi verso la fine del buio, in un momento di profondo sconforto, restituendo un senso alle mie giornate.
Per questo, anche stavolta, senza nemmeno ragionarci troppo, le dissi di sì, spinta dall'entusiasmo che quella competizione mi aveva trasmesso, e dai buoni propositi per l'avvenire.
Cominciai, quindi, a partecipare, quasi ogni domenica, alle gare di dieci chilometri, sebbene all’inizio non ce la facessi proprio a registrare tempi degni di nota. Ma il bello, quantomeno per me, non era classificarmi nelle prime posizioni, bensì tagliare il traguardo, con l'adrenalina alle stelle.
Un paio d’anni dopo, però, decisi di provare la mia prima mezza maratona (ventuno chilometri), a Sabaudia. Mi sentivo distrutta e ancora non all'altezza di questo sport, ma continuavo caparbiamente, portando a casa risultati discreti, e covando il sogno della maratona di Firenze che tutti sostenevano fosse bellissima.
Infatti, finalmente, ad agosto 2018, ebbi il coraggio e la possibilità di iscrivermi a quella del 25 novembre, e di prenotare una stanza d'albergo per me, mio marito e i miei figli, nel capoluogo toscano.
Per prepararmi al grande evento, cominciai a correre sempre più a lungo con la mia amica Nunzia. Dai dieci abituali, i chilometri divennero quindici, fino a toccare i ventiquattro.
Ero molto lontana, però, dai quarantadue di una maratona e temevo che il mio corpo non sufficientemente allenato non avrebbe retto la fatica.
Ma sarà stata la forza di volontà, o forse solo l'incoscienza, quella piovosissima giornata mi vide impegnata ad attraversare la splendida Firenze, a piedi, coperta da un impermeabile di fortuna, ed estasiata dalla presenza di artisti di strada, musica, chioschi di tè caldo e vivande, intere scolaresche a fare il tifo per noi corridori, e molto altro.
La prima parte della maratona andò benissimo, tanto che quasi non mi parve vero di aver corso tanto e senza provare troppa fatica, ma giunta al trentottesimo chilometro, e quindi quasi alla fine, mi sembrò che le mie gambe si inchiodassero all'asfalto. Dolori atroci si diffusero in ogni dove, rendendomi faticoso il semplice stare in piedi.
Più volte pensai di accasciarmi a terra e di arrendermi, ma non me lo sarei mai perdonato. Non potevo vanificare tutti gli sforzi fatti sino a quel momento. Lo dovevo a me stessa e anche alla mia famiglia che aveva sempre assecondato la mia passione un po' folle, accompagnandomi ad ogni gara.
Allora, con la forza del cuore e non degli arti, ricominciai a correre, e a tre chilometri dalla fine, telefonai alla mia migliore amica Pina, in lacrime, per giurarle che ce l'avrei fatta. Poco dopo, infatti, tagliai il traguardo, ancora profondamente commossa, sotto gli occhi increduli dei miei figli e di mio marito che mi aspettavano, emozionati, all'arrivo.
La maratona di Firenze resterà eternamente impressa nel mio cuore, come ricordo migliore della mia esperienza da corritrice.
L'anno successivo, infatti, ad aprile, partecipai alla maratona di Roma, in squadra con la mia amica Nunzia che convinsi ad iscriversi con fatica, e il caro Alfonso, ma non provai le stesse emozioni.
A sette chilometri dal traguardo, però, lei ebbe un malore e ci chiese di terminare la corsa da soli, ma non avrei mai potuto lasciarla lì. Mi sentivo terribilmente in colpa per aver insistito affinché lei partecipasse alla gara. Magari non era pronta per sottoporsi a questa ulteriore fatica. Quindi, incurante di tempi, premi e quant'altro, decisi di percorrere il tragitto restante camminando lentamente, dimodoché lei potesse starmi accanto.
Se c'è una cosa che correre mi ha insegnato, infatti, è il valore dell'amicizia, nonché quello della lealtà e l'importanza di sostenersi, proprio nel momento in cui si pensa di essere spacciati.
Non avrebbe avuto senso trionfare senza colei che mi aveva così incoraggiata a non mollare e convinta a pormi obiettivi sempre maggiori.
Alle maratone devo la mia rinascita fisica e mentale.
La capacità di capire che non avrei dovuto arrendermi e che, all'indomani di quell'improvviso e terribile licenziamento, la mia vita professionale aveva ancora molto da darmi, in ambiti che non avevo mai pensato di esplorare.
Oggi, infatti, ho un nuovo lavoro che mi permette di mantenere una certa serenità, e continuo a coltivare la mia passione per la corsa.
Sogno la maratona di New York. Sembra un'utopia, ma chissà. Se sono arrivata fino a qui, con la sola forza del mio cuore e delle mie gambe, significa che non esistono ostacoli davvero insormontabili, né desideri irrealizzabili. Dunque, non smetterò di crederci.
Racconto pubblicato sul numero 40
della rivista “Confidenze”,
il 21/09/2021
Bellissima storia di Rosa!
RispondiEliminaUna donna molto coraggiosa che ha ripreso in mano la sua vita.
EliminaUna storia molto avvincente. Brava Rosa e brava tu che l'hai raccontata. 😊
RispondiEliminaOggi Rosa sta affrontando una nuova sfida che nulla ha a che vedere con la corsa, ma sono certa che ne uscirà vittoriosa, perché ha grinta e determinazione da vendere.
Elimina"Sogna pure la maratona di New York, lo puoi fare Rosa tranquillamente" Quanto a a te Claudia fai benissimo a postare storie come questa fanno solo bene all'animo.
RispondiEliminaDiciamo che quando mi raccontano una storia che ha come filo conduttore la tenacia e la capacità di non arrendersi mai, la scrivo ancora più volentieri, di quanto già non faccia per lavoro.
EliminaPoi, Rosa è una persona simpaticissima che mi ha regalato un sacco di risate.
Bella storia di Rosa . Lei sì , con grande coraggio , volontà e determinazione
RispondiEliminaè riuscita a sconfiggere il "buco nero" . Complimenti a lei e le auguro
di cuore di partecipare alla maratona di New York .
Dai che ce la fai , Rosa .
Abbraccio a te Claudia .
Glielo auguro anch'io.
EliminaMagari la vincerà addirittura. Perché no? È bello pensare in grande, ogni tanto. 😉
Bacione a te.
Mi sono commossa!!
RispondiEliminaChe bellissima storia di resilienza e rinascita! In bocca al lupo Rosa, che tu possa raggiungere qualsiasi traguardo <3
Mi unico al tuo in bocca al lupo. 😉
EliminaResilienza pura..
RispondiElimina..a volte si pensa ..e si tocca il fondo..ma pian piano si riemerge ..dopo aver dato il tempo di elaborare il momento buio si torna SU!!
È una caratteristica propria femminile. Anche se, sicuramente, esisteranno anche uomini capaci di rialzarsi da soli senza lagnarsi.
EliminaO almeno lo spero. 😂😂😂