sabato 28 aprile 2018

Alfie Evans non ce l'ha fatta. Addio piccolo guerriero.



Da qualche settimana, la storia di Alfie Evans sta commuovendo milioni di persone.
Avevo deciso di non scrivere nulla in merito, poiché non possiedo le competenze tecniche per capire la gravità della malattia da cui il piccolo era affetto, ma ho cambiato idea.
Scriverò di cuore, non di scienza.

Questa notte, Alfie non ce l'ha fatta ed è volato via.
Era un bambino di quasi due anni, nato il 9 maggio 2016.
Dal mese di dicembre 2016, in seguito a convulsioni e ad un’infezione del tratto respiratorio, fu ricoverato all’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool, un ospedale specializzato nella cura di malattie pediatriche rare. Le sue condizioni sono sempre andate peggiorando, poiché il bambino era affetto da una malattia neuro-degenerativa associata ad una grave forma di epilessia.
I genitori Kate James e Tom Evans, però, non si erano mai dati per vinti ed avevano continuato a lottare per tenerlo in vita, seppur artificialmente.

Il problema nacque quando i giudici britannici di tre diversi ordini stabilirono che occorreva staccare la spina ad Alfie, poiché non aveva alcuna possibilità di guarigione.
Da qui i tentativi estremi dei genitori di trasferirlo presso l'ospedale pediatrico "Bambin Gesù" di Roma, l'ottenimento della cittadinanza italiana, e l'assoluto divieto dei medici inglesi di percorrere altre strade, assieme alla lotta del piccolo guerriero che continuava a sopravvivere senza l'ausilio respiratore.

L'unica domanda a cui non riesco a rispondere è come si possa chiedere ad un genitore di accettare la morte del proprio figlio, senza tentare l'impossibile.
Cosa farei io per prima, se mi trovassi nella stessa situazione.
La verità è che non lo so, e non voglio saperlo.
Siamo tutti bravi a giudicare le vite degli altri. Pochissimi hanno il dono dell'empatia e riescono davvero ad immedesimarsi nei problemi di chi li circonda.
Eppure, penso che davanti ad episodi del genere, bisognerebbe quantomeno avere la delicatezza di starsene zitti.
E invece no. In tv, alla radio, sui giornali, sui social, tutti si sentono in diritto di dire la propria, urlando all'accanimento terapeutico, all'omicidio volontario, o all'inutile dispendio di energie da parte dell'Italia.

Insomma,quello che spero, da madre e donna, è che Alfie non abbia fisicamente sofferto per l'assenza della respirazione artificiale, e per i ritardi nella nutrizione.
Se un Dio esiste, avrà cura di lui e non abbandonerà i suoi genitori.

4 commenti:

  1. Scrtando Dio, scartando la società e quelli che parlano a vanvera, io dico solo: lasciamo tutti quanti la famiglia di Alfie in pace e (proprio come hai detto te) che quel piccolo tesoro non abbia sofferto.

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    1. In realtà credo che la famiglia abbia generato tutto questo clamore proprio per sentirsi meno sola. Ma non sopporto coloro che dicono che lo Stato italiano avrebbe fatto meglio a farsi i fatti propri, o che i giudici inglesi sono solo degli assassini.
      Rispetto. Basterebbe osservare la vicenda con rispetto. ;(

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    2. Il rispetto purtroppo è un dono di pochi....E a parlare in termini sensazionalistici e populisti si fa prima e si ottengono più consensi, pure riguardo a situazioni delicate e cariche di dolore come questa!

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    3. Proprio per questo ho cercato di non esprimere giudizi.
      Spero che i miei lettori abbiano colto lo spirito delle mie parole.. 😓

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