Mi è appena giunta la notizia che, stamattina, qualcuno ha abbandonato un neonato nella cosiddetta "culla della vita", predisposta in una chiesa della mia città.
Il bambino sta bene, dovrebbe avere pochi giorni di vita, ed è, adesso, ricoverato nel locale reparto di pediatria, dove lo hanno chiamato Emanuele.
Pare che la madre lo abbia addirittura allattato prima di disfarsene.
Non so cos'abbia spinto questa donna ad allontanarsi dal frutto del suo ventre e del suo cuore, ma so che, appena un anno fa, sempre a Monopoli, una piccola neonata moriva perché abbandonata in spiaggia da quella che stenterei a definire madre.
Almeno, stavolta, il buon senso ha prevalso su tutto il resto e il piccolo Emanuele potrà vivere, tra le braccia di qualcuno che lo amerà profondamente, o di una mamma che, magari, tornerà sui suoi passi.
E' difficile credere che si possa fare del male ad una creatura dopo averla custodita per nove mesi dentro di sé. Soprattutto considerando che i metodi contraccettivi, (inclusi quelli d'emergenza), sono ormai alla portata di tutti.
Ma, come nel caso della depressione post parto o dell'amnesia dissociativa che fa dimenticare i figli nelle automobili, bisogna sempre sforzarsi di non giudicare.
Lunga vita, quindi, alla parrocchia che ha offerto questo servizio alla collettività, pur con la speranza che non sarebbe mai stato utilizzato, e a chi si prenderà carico di Emanuele come fosse un vero dono dal cielo.
A sua madre. invece, auguro di rinsavire presto, perché certi rimorsi sono eterni.
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