“Mio
figlio, a dodici mesi, già camminava e parlava perfettamente. Pensa che la sua
prima parolina è stata “australopiteco”. L’aveva sentita dire al fratello
maggiore, che ripeteva una lezione di storia. E la notte quanto era bravo. A
tre mesi esatti l’abbiamo messo a dormire nella sua cameretta, e non ci ha mai svegliati
piangendo.”.
Sarà pur vero che le nonne insegnano che
ciascun bambino ha i suoi tempi, e che non bisogna mai fare paragoni, ma sfido
chiunque a non farsi assalire dai dubbi, soprattutto nel caso in cui si tratti
del primo figlio.
Da quando esiste internet, poi, la
situazione è persino più complessa.
Secondo i più comuni motori di ricerca,
infatti, nella migliore delle ipotesi, ognuno di noi morirà a breve, per la più
strampalata malattia, o, di sicuro, non se la passa benissimo.
Non osate, quindi, - vi prego – inserire
nel campo di ricerca quelle che sono le caratteristiche dei vostri figlioletti,
chiedendo ad un pc cosa possano significare.
La paura di non fare abbastanza per loro
si trasformerebbe, altrimenti, in vero e proprio panico.
Con i
pediatri, invece, va persino peggio.
“A diciotto mesi il bambino dovrebbe
dire almeno cinquanta parole, e riuscire a comporre frasi brevi di minimo due
vocaboli, seppur con un significato non propriamente corretto. Ma non si
preoccupi, fino ai tre anni, i ritardi del linguaggio sono comunissimi, e non occorre
fare alcunché.”.
Oppure, “Solitamente, i piccoli iniziano
a gattonare tra i sei e i dodici mesi, per poi alzarsi in posizione eretta e
camminare, quando lo riterranno opportuno. In linea di massima, ciò avviene
entro il compimento dell’anno e mezzo, ma non esistono regole. Se suo figlio
non si sente pronto, non gli metta fretta e attenda fiduciosa.”.
O ancora, “Oggi si parla troppo spesso
di co-sleeping, ma non fa bene né ai
genitori e né tantomeno ai bambini lasciarli dormire nel letto matrimoniale. È
solo questione di abitudine. Metteteli nella culla. La prima notte si
sveglieranno sei volte, ma dopo pochi istanti di coccole, si riaddormenteranno
sereni. La seconda, i risvegli scenderanno a quattro, e così via fino a dormire
indisturbati anche per otto o nove ore. Ci vogliono solo un po’ di pazienza e
di forza, nel farli piangere senza accontentarli!”.
Ora. Praticamente, avere un bimbo muto e
che si muove a quattro zampe, tipo a due anni e mezzo, sarebbe anormale, ma non
essendoci regole in materia, ai poveri genitori non resta che attendere e
pregare. Gli atei mi perdoneranno, ma per loro l’attesa sarà persino più
faticosa.
Ma su, dai, lasciamole almeno dormire
dove desiderano queste creature!
Il vero
problema è che fare i genitori, oggi, è molto più complesso di quanto già non
lo fosse in passato.
Con l’avvento dei social network e delle
amicizie virtuali, tutto è diventato una vetrina.
Non è ben chiaro se, a fine d’anno, la
famiglia migliore, il bambino più bravo, o la mamma più scrupolosa, ricevano
qualche targa di riconoscimento. Probabilmente sì, altrimenti non si
spiegherebbero determinate dinamiche.
Sembra di vivere in una sorta di gara
dell’apparire, e che, ahimè, neppure i piccoli ne siano esonerati.
Mio figlio ha
due anni. Dorme con me e mio marito, cammina e distrugge tutto da quando ne
aveva solo uno, ma non parla. Blatera da mattina a sera nella sua lingua
incomprensibile, e mi chiedo per quale strano dogma lui dovrebbe adattarsi alla
nostra, e non viceversa.
Forse, dovremmo iniziare ad esprimerci
con i suoi stessi versi, e con le sue faccine buffe. Allora, magari, per
protesta, lui inizierebbe davvero a parlare, chissà.
Di medici ne abbiamo sentiti tanti ma,
come detto, fino all’inizio della scuola primaria, non si interviene in alcun
modo, eccezion fatta per coloro i quali manifestino autismo, disabilità
intellettive, e simili.
E allora aspettiamo.
Tutto fila
abbastanza liscio, finché non ci si imbatte nella super mamma di turno.
“Ma come?? Dice solo mamma e papà a due
anni?! E come fai a dormire tranquilla? Per quante se ne sentono… Maria, alla
stessa età, imparò la prima poesia di Natale a memoria, e la recitò davanti a
tutti i parenti, durante il pranzo del 25. Fu un’emozione bellissima! E poi
smettila di farlo dormire con te. Lo sai che, poi, cresce viziato e mammone?
Fortuna che, almeno, non lo allatti più da un pezzo!”.
D’accordo. Complimenti vivissimi alla
piccola Maria, per la sua abilità, ammesso che corrisponda al vero, perché sì,
le super mamme, nella maggior parte dei casi, mentono.
Non mi è ben chiaro perché lo facciano.
Forse smania di protagonismo, o semplice bisogno d’attenzione, ma che si
coinvolgano i bambini – se permettete – mi fa inorridire.
Sono sempre stata dell’idea che, almeno
fino ai dieci anni, ciascuno di noi dovesse essere imperturbabile e,
soprattutto, imperturbato.
Qualcuno ha mai sentito, ad esempio,
alla scuola secondaria, una giustificazione del tipo “non ho studiato perché è
venuto a mancare il mio cuginetto”?
Assolutamente no! Erano le nonne a morire
sempre, perché, nell’immaginario collettivo, erano anziane e, quindi, utilizzarle
come alibi non sembrava poi così vile. Ciascuno di noi, nel proprio percorso
liceale, ne avrà avute almeno sei o sette da far decedere, per cause più o meno
naturali, a seconda della difficoltà dell’interrogazione a cui si voleva
sfuggire. Fortuna che, spesso, bastava annunciarne un malore temporaneo.
Ma i bambini non si toccano, in tutti i
sensi.
Dovrebbero farne una legge di Stato:
“vietato mentire ai bambini, e sui bambini”, ma forse Babbo Natale non sarebbe
troppo d’accordo e, con lui, i tantissimi “te lo compro domani, amore”, “se
prendi degli ottimi voti in pagella, ti porto in viaggio dove vuoi tu!”.
Quindi, tornando al tema del discorrere,
perché queste madri si sentono autorizzate a raccontare ai quattro venti i
progressi veri e presunti dei loro figli?
Perché la gara continua, e con lei le
farse, il finto buonismo, i sorrisi di circostanza.
La verità è,
però, che davvero ogni bambino ha i suoi tempi, ed ogni buon genitore deve
rispettarli, cercando di arginare le proprie ansie in un piccolo angolo di
cuore, invisibile ai più.
Lorenzo parlerà, ne sono certa.
Intanto, mi godo i suoi silenzi che
lasciano spazio a sguardi densi di parole ed emozioni, le sue carezze preziose,
i sorrisi che colorano d’infinito ogni respiro.
E no, io non ho paura delle super mamme,
perché non ho bisogno dell’approvazione di nessuno per sentirmi una buona
genitrice.
Mi basta che a pensarlo sia lui, oggi e,
soprattutto, domani, quando, ripensando al suo lungo silenzio inondato dalle
mie filastrocche, dalle canzoncine dello Zecchino d’Oro, dalle favole inventate apposta per lui, o
prese in prestito dai grandi autori della letteratura, spiegherà al mondo che
parlare non serviva a nulla in quegli anni, poiché, per capirci, bastava uno
sguardo.
Lorenzo parlerà, ripeto.
Intanto, io vivo di lui e per lui, senza
gare e finzioni, nell’ovattato mondo della nostra quotidianità.
Perché le parole più belle si
pronunciano col cuore, non con la bocca. E se c’è una cosa che i bambini sanno
fare benissimo è proprio dar voce alla propria anima.
Intanto, aspetto.
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